Con l’approvazione del c.d. “Decreto Salvini”, il sistema di accoglienza e integrazione del territorio bolognese subisce una decisa trasformazione. Rossella Vigneri ci racconta in che modo, spiegandoci che cosa cambia con la nuova normativa e qual è l’esperienza della rete Bologna Accoglie.

Rossella Vigneri

Rossella Vigneri è giornalista specializzata in tematiche sociali, da aprile 2018 Presidente del Comitato metropolitano Arci di Bologna

La conversione in legge del c.d. “Decreto Salvini” introduce modifiche che ridisegnano il sistema dei servizi di accoglienza. Che cosa accade al sistema di accoglienza diffusa di Bologna?

Il modello bolognese si fonda sulla pratica dell’accoglienza diffusa, che favorisce i processi di inclusione e soprattutto di interazione e dialogo con la comunità.

I richiedenti asilo e rifugiati vivono in piccoli centri o in appartamento e questo accelera naturalmente il percorso di autonomia: gestire la vita domestica, dover interagire con il vicino di casa, orientarsi tra i servizi del quartiere o di un piccolo comune… sono tutte azioni che possono innescare incontri, alle volte scontri, ma pur sempre occasioni di relazione e confronto con gli abitanti. Senza considerare il diverso impatto che i centri di accoglienza di piccole dimensioni hanno sui cittadini e sui territori rispetto a strutture che ospitano centinaia di persone, di più complessa gestione e percepite spesso come spazi estranei al contesto e insicuri.

C’è – o meglio c’era – un altro punto di forza del modello bolognese: fino a un paio di mesi fa gli enti gestori, insieme a Prefettura, Comune, Asl, operavano avendo come orizzonte di riferimento lo SPRAR, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati gestito direttamente dai Comuni, che provava a costruire insieme ai migranti un progetto di vita: accompagnati da operatori e in sinergia con i servizi del territorio, le persone accolte negli SPRAR accedevano alle scuole di italiano, a percorsi di inserimento lavorativo e di orientamento, avevano cioè maggiori possibilità di integrarsi nel tessuto sociale ed economico della città. Invece di puntare su questo sistema provando a superarne i limiti, il cosiddetto “Decreto Salvini” lo svuota di senso e potenzialità, limitandone l’accesso solo a chi è già in possesso dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria – una parte minoritaria rispetto ai richiedenti asilo attualmente presenti negli SPRAR – e ai minori non accompagnati, escludendo i titolari di protezione umanitaria, tipo di permesso cancellato per legge.

Il sistema di accoglienza torna ad essere gestito secondo una logica unicamente emergenziale e assistenziale attraverso lo strumento dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) stabilendo una quota pro capite che passa dai 35 ai 18 euro giornalieri. Chi parteciperà ai prossimi bandi indetti dalla Prefettura – l’Arci non sarà tra questi – sarà in grado di offrire un posto letto e qualche pasto, niente di più, preferibilmente in centri di accoglienza di medie e grandi dimensioni e con un numero ridotto di operatori impiegati. Le conseguenze sono drammatiche, per i migranti innanzitutto, che subiscono un’ennesima limitazione dei loro diritti; per i Comuni, che dovranno inevitabilmente farsi carico di chi sarà escluso dall’accoglienza e dei servizi non più garantiti; per i lavoratori, che in questi anni hanno acquisito competenze e professionalità destinate a disperdersi, e per tutta la collettività, attraversata da nuovi conflitti e paure.

A luglio è nata la Rete Bologna Accoglie, un insieme di associazioni fra cui Refugees Welcome Italia, Arci Bologna, Percorsi di Pace, Anpi Bologna, Cgil, Cisl, Uil. Può raccontarci come è nata questa iniziativa e quali sono gli obbiettivi che perseguite?

Bologna Accoglie è una rete aperta e in divenire che sceglie di non restare indifferente di fronte a quanto sta avvenendo nel nostro Paese perché «l’indifferenza alle ingiustizie è il male più grande», diceva Primo Levi. È un luogo di discussione e confronto in cui dare spazio a quella comunità solidale che si muove in città e che ogni giorno sceglie di resistere all’odio con atti concreti, informando, parlando nelle scuole, nei circoli, nei luoghi di lavoro, costruendo dal basso reti di accoglienza e gesti di umanità, respingendo le politiche razziste messe in atto da questo Governo. È nostro dovere raccontare ai cittadini quali sono i veri effetti del cosiddetto “Decreto Salvini”, una legge che viola i diritti dei migranti mettendo in atto tutta una serie di dispositivi discriminatori che paradossalmente, invece di garantire maggiore sicurezza, produrranno più insicurezza, più disagio, più ingiustizie e diseguaglianze. Ma è altrettanto importante spingere il nostro sguardo al Mediterraneo, ridotto ormai a un cimitero a cielo aperto, a un deserto che in questo momento nessuna nave di soccorso riesce ad attraversare. Il Governo chiude i porti e annuncia che gli sbarchi nell’ultimo anno sono diminuiti ed è vero: sempre meno persone riescono a raggiungere le coste europee, ma, ci siamo domandati, a quale prezzo? 2.275 morti solo nel 2018; una persona ogni 14 arrivate in Europa lungo la rotta libica è morta in mare, e altre migliaia di persone sono ricondotte in Libia e rinchiuse nei centri di detenzione.

Mai come in questo momento serve unità e mobilitazione per chiedere al nostro governo e a tutta l’Europa politiche in grado di regolare il fenomeno migratorio rimettendo al centro libertà e dignità umana, invece di cercare consensi sulla pelle delle persone.

La Rete Bologna Accoglie ha rivolto al Sindaco della città di Bologna alcune richieste circa la disapplicazione di alcune norme contenute nel Decreto Sicurezza e Immigrazione. Quali sono state tali richieste? Quali le reazioni?

L’obiettivo della rete è anche quello di dialogare con le istituzioni e gli altri attori coinvolti – prefettura, enti gestori, terzo settore – per rispondere nell’immediato ai bisogni dei richiedenti asilo e dei rifugiati e per chiedere di mettere in atto tutte le misure in grado di ridurre gli effetti del Decreto Salvini. In collaborazione con ASGI, abbiamo elaborato alcune proposte da sottoporre al Comune di Bologna. La prima richiesta è quella di garantire l’accesso a tutti i servizi, dall’istruzione alla sanità, dai servizi privati, come l’apertura dei conti correnti, ai servizi pubblici, come quelli per il lavoro, anche senza iscrizione anagrafica (con la nuova Legge negata ai richiedenti asilo) e sulla base del semplice domicilio. Il Comune si è mostrato disponibile a impegnarsi su questo fronte ma resta il fatto che una fascia di persone viene privata del diritto alla residenza per via delle sue origini: è un atto discriminatorio che per noi può essere risolto soltanto garantendo ai richiedenti asilo l’iscrizione all’anagrafe, un punto non risolto su cui continueremo a batterci. La seconda proposta riguarda i minori stranieri non accompagnati per cui va ribadita – secondo quanto previsto dalla legge Zampa – la possibilità di avvalersi del cosiddetto “prosieguo amministrativo”, per assistere i neomaggiorenni fino ai 21 anni di età qualora ci sia bisogno di un percorso più lungo di integrazione in Italia.  C’è poi la questione degli spazi di accoglienza: fermo restando la nostra opposizione all’apertura di un CPR – Centro per il Rimpatrio – nella nostra città, che consideriamo veri e propri luoghi di privazione di libertà e diritti, è fondamentale che il Comune si impegni ad aprire luoghi in grado di accogliere persone titolari di permessi umanitari, che oggi sono a rischio di allontanamento immediato dai Centri di Accoglienza Straordinari. Servono spazi ma anche interventi concreti per continuare a garantire un’accoglienza dignitosa a chi arriva nella nostra città e che rischia di essere respinto ai margini, alimentando nuove povertà e soprattutto atti di intolleranza e razzismo. Il percorso è appena iniziato e la nostra attenzione su questi temi e sugli impegni presi resterà alta.

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